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24 luglio 2013 3 24 /07 /luglio /2013 14:18

Nathaniel Hawthorne nasce a Salem nel 1804. Molto si è detto di una delle figure letterarie più significative del panorama americano ma, come prevedibile, ciò che intriga maggiormente di un autore non è la carrellata clasica delle sue opere quanto i contrasti interiori che ne caratterizzano la produdittività. 

Per quanto concerne Hawthorne, questi cresce in una famiglia di militari e con l'esempio di una figura femminile molto remissiva e tradizionalista. Hawthorne si forma circondato da donne e da queste assimila un certo senso di femminilità, di capacità di ascolto, di riflessione interiorizzata. Elementi che lo connotano in moltissimi saggi dedicatogli. Cosa spinse Hawthorne alla chiusura? Alla timidezza? Certamente una certa nota carattteriale del tutto peculiare ma, anche, uno scomodo retaggio personale, un fardello psicologico che lo bloca e lo costringe al senso di colpa (lostesso che proverà la sua eroina più celebre Hester Prynne nel suo celebre romanzo The Scarlet Letter). 

Retaggio culturale scomodo perché Nathaniel Hawthorne scopre in tenera età di essere il discendente di uno dei firmatari del massacro di Salem che aveva condannato per sctregoneria centinaia di donne ( in relazione al processo di Salem si uò dire che studi successivi, vedevano il fenomeno legato ad un parassita dei cereali che, ingerito, provocava effetti collaterali, e che contribuirono a generare uno stato di angoscia diffusa sulla quale si poggiò la superstizione e la condanna). Hawthorne scopre questo peccato origine in seno alla propria discendenza e somatizza mortalemnte il sentimento di colpa, interrogandosi per tutta la vita di come si potesse espiare un peccato, di cosa fosse peccare... senza però riuscirci. Questo sentimento lo spinge alla scrittura come una sorta di modo per scoprirsi agli occhi della collettività ma non riesce a prendere davvero le distanze dal luogo comune e dal comune senso civico. La figura della donna rimane quasi un mistero, si coglie in Hawthorne un'apertura verso la figura femminile, egli stesso dipinge tratti caratteriali delle sue eroine sempre molto dicisi, molto estranei e forti nelle proprie scelte ma non le rende mai davvero felici. Sia nel caso di Hester che nel caso di Miriam (eroina di The Marble Faun) egli opera una decsrizione femminile volta all'emancipazione dai canoni e ruoli che la società imponeva al gentil sesso ma le fa vacillare e cadere nelle insidie del peccato. Stremandone, quasi, la volontà interiore. Tutte donne che richiamano l'immaginario della percezione femminile nei propri tratti e colori brune come le mezzosangue di Cooper) e richiamanti l'emancipazione e la corruzione ma, allo stesso tempo, non le condanna del tutto al peccato come se comprendesse che le stesse donne sono simili all'uomo, che non sono quella visione medioevale di depravazione e corruzione ma anche sesso generatrice di vita. 

Per meglio comprendere questi passaggi vedere  Rinascimento Americano e  Rinascimento Americano I. L'America che stava ritrovando pian piano se stessa ed i propri valori nell'uguaglianza e nella libertà, viveva attraverso le realtà specifiche di ogni autore, un proprio conflitto interiore. Hawthorne fu grande amico di Elizabeth Palmer Peabody e di Sarah Margareth Fuller, oltre che sostenitore del diritto di scrittura sulla vicenda personale di Fanny Fern. Oltre che amico delle "scrittrici" fu lo stesso che le definì (in un'occasionale lettera al suo editore) "scribacchine" anche se coperto dal segreto di una lettera confidenziale. Insomma Hawthorne fu il volto di mille contraddizini che mostrano, piuttosto, la fatica interiore del cambiamento e del vero progresso sociale.

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4 luglio 2013 4 04 /07 /luglio /2013 00:12

Una delle tematiche più interessanti che imperversa nei media è il diritt di cittadinanza per i figli di immigrati che nascono in territorio italiano. Le voci si dividono ma non è contemplabile criticare o richiedere al sistema che nati in questa nazione non possano avere il diritto di essere a tutti gli effetti "cittadini italiani".

il Web si coalizza, in generale, intorno alle personalità più e meno importanti che sono a favore della cittadinanza senza contare che non si sta parlando di permessi speciali, di restringere i temi per la cittadinanza (tematiche a loro volta molto interessanti che meriterebbero ulteriore approfondimento) quanto piuttosto permettere a chi nasce qui di essere a pieno diritto italiano. 

La situazione economica non aiuta ad accellerare su questo diritto inalienabile ma ormai le parole crisi e populismo sembrano essere diventare il vero trand del momento; chi non è d'accordo con l'assegnazione della cittadinanza non sente di voler cambiare idea nonostante il diritto di nascita. 

Un bambino ha il pieno diritto di nascere e di far parte delluogo in cui viene messo al mondo; si sentono storie di figli digenitori extra comunitari che vivono e lavorano qui da anni che non sarebbero figli di nessuna patria. Una sorta di paaria contemporanei. Il punto non e' tanto non avere la cittadinanza ma perdere quell'identita' che e' prerogativa di esistenza. Il primo ostacolo e' la crisi che spinge a quell'indifferenza deiproblemi del prossimo per curarsi esclusivamente delle proprie ferite. La rete si e' mobilitata e sembra unanime pro causa; lapolitica fara' lo stesso? 

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3 luglio 2013 3 03 /07 /luglio /2013 19:59

L'avventura del Salento si avverte gia' quando ci si lascia alle spalle il Tavoliere. Raggiungere le coste frastagliate salentine e il mare limpido e leggermente increspato produce il primo smarrimento emozionale. 

Posso proporvi Marina di Mancaresca a due passi da Gallipoli, si tratta di un'oasi di pace incontiminata dove il turismo si avverte a tratti. Scogli e spiagge a fare da compagnia. Il vero traguardo del viaggio è capire che in questa terra "difficile" e tendenzialemente molto umile s'incontrano persone davvero disponibili ed affabili con cui conversare non è una sorpresa ma una certezza. 

Esistono due possibili itinerari da seguire (in base alle vostre necessità e desideri): si può affittare una casa (la zona occidentale del Salento è ancora low cost a tutti gli effetti, essendo in espansione turistica rispetto al litorale adriatico già meta ufficiale da un po' di anni!) e spostarsi con la macchina nei paesi vicini. Interessante Marina di Pescoluse, Porto San Cesareo, Porto San Giovanni... tutte realtà abitative piccole con lungomare adibito a passeggio e localini sparsi qui e lì. Se ci si trovasse a P. San Giovanni consiglio la birreria e ristorante Azzurro collocata fronte mare; il cibo squisito è accompagnato da un'attenta selezione di birre artigianali salentine e internazionali. A Marina di Pescoluse troverete, invece, la spiaggia più bella di quel litorale, bianca e sottile; il lungomare adiacente la spiaggia è relativamente piccolo e trovarete nella piazzetta del litorale una pizzeria e ristorante dai prezzi bassi e dalle portate abbondanti. Locali da segnalare sono il Solarius un locale a terrazze sul mare dove il sabato sera si ascolta musica dal vivo.

Voglio invece mettervi in guardia da una pizzeria che si trova in Corso Roma a Gallipoli (Stella Marina), a parte il personale che è carinissimo si tratta di una cucina forfettaria, molto turistica e poco attenta alla qualità con prezzi alti rispetto alla media cittadina. Quindi vi propongo di spostarvi un po', magari provare alcuni locali collocati sulle strade secondarie dove (sbirciando) ho potuto notare meno stranieri e più gente del posto. Se avete altre dritte fatemi sapere e aggiorneremo la pagina per garantire ai prossimi "avventurieri" una vacanza perfetta!

Il vero paradiso nascosto dallo sguardo di molti si trova nella riserva naturale di Punta Pizzo ed è il locale stile caraibico  dal nome Cotriero. Il locale più bello mai visto, vista spiaggia da location tropicale, prezzi bassi, staff simpaticissimo con possibilità di pranzo e aperitivo al tramonto. Questo è in assoluto il posto che consiglio, personalmente non sarei tornata mai più alla routine quotidiana! 

Cosa aspettate, andate nel Salento e buona vacanza a tutti!

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29 giugno 2013 6 29 /06 /giugno /2013 11:20

Un altro esempio di scrittore americano di rottura con gli schemi classici e molto europeo nel suo modo di raccontare le storie fu, appunto, Washington Irving

Irving nasce nel 1783 a New York da un ricco mercante di ferramenta di origini scozzesi. La sua è una famiglia numerosa, infatti, Washington è l'undicesimo figlio e sin da giovanissimo inizia ad amare la letteratura inglese del settecento. Questa passione lo porta a collaborare con i fratelli Peter e William cimentandosi in giornali satirici e pastiches letterari. In seguito a questo esercizio, compone (nel 1808) History of New York nel cui mirino finirono l'antico regime olandese e leaders politici contemporanei. In quest'opera scelse di utilizzare una scrittura pomposa, leggittimata da lunghe ricerche d'archivio. 

Per comprendere completamente questo scrittore occorre parlare anche del pernottamento prolungato che lo stesso ebbe in Europa. Nel 1815 si ammala di tubercolosi e per fronteggiare il malessere viene mandato in Inghilterra dove vi resterà per circa due anni. Dopo l'Inghiletrra sarà la volta della Spagna (in veste di ambasciatore) e della Germania. In ogni nazione Irving viene ispirato da una trama secifica e compone opere di minore e maggiore successo: in Inghilterra (1819) compone uno dei suoi capolavori Sketch Book nel quale mascola note di viaggio, saggistica e novelle romantiche e melanconiche. L'esperienza di Irving in Europa non finisce qui e successivamente (a partire dal 1822) viaggia in Germania; proprio qui compone Tales of a Traveller (1824) dall'esito meno felice e poi, in Spagna in qualità di ambasciatore, compone The Life and Times of Christofer Columbus (1828) con chiara struttura picaresca e Alhambra (1832). A questo punto la vena creativa era in fase discendente e, pur continuando a scrivere tornato in patria, non arriverà mai più ai livelkli dei fasti precedenti. 

Altra caratteristica che identifica una parte importante della sua opera è l'uso di pseudonimi, soprattutto nel periodo iniziale della sua carriera; passa da Geoffrey Crayon nella pubblicazione di Sketch Book a Diedrich Knickerbocker nel periodo di History of New York al vecchio Jonathan Oldstyle nel periodo successivo alla morte della fidanzata Matilda Hoffman avvenuta nel 1809. Diciamo pure che gli alter ego di Irving da una parte lo proteggono da se stesso e dall'altro canto lo connotano in ogni sfaccettatura della sua anima combattuta tra l'una e l'altra realtà territoriale.

Mentre Crayon cattura la stima e l'attenzione dei lettori inglesi curiosi e voraci del mitop americano e delle descrizioni pittoresche e , anche, grossolane fatte da Irving dei suoi connazionalei; Washington si cela nella sua natura doppia. Barcamenandosi in una serie variegata di scritture sempre a cavallo tra una realtà e un'altra, non basta il binomio Inghilterra-America a tener banco ma si cimenta anche nel periodo di mescolanza con la letteratura tedesca. Proprio da questo connobio nascono Rip Van Winkle e The Legend of Sleepy Hollow (due suoi grandi successi dalla trama molto metaforica).

Morirà a New York nel 1859.

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26 giugno 2013 3 26 /06 /giugno /2013 10:36

Uno dei più celebri scrittori e commediografi europei fu certalemente Oscar Wilde, all'anagrafe Oscar Fingal O'Flaherty Wills Wilde. Nasce a Dublino il 1854. Da famiglia borghese irlandese con tratti narcisistici già radicati in essa al punto da contaminare il giovane Oscar sin dalla più tenera età. Il padre (Sir William) era un oftalmico molto celebre e medico privato e  riconosciuto della regina Vittoria, la madre (Jane Francesca Elgree) era una nobildonna byroniana. Oscar acquisisce dalla madre il desiderio di non rivelare mai l'età e dal padre una ferma convinzione del concetto di classe, mentre sviluppa da solo il gusto per la vita e per lo spreco. seguono anni duri vissuti, quasi, in povertà che fortunatamente durano poco e la famiglia torna ad un benessere che sembrano non baster mai e conducono Oscar freuqentemente ad avere debiti. 

Proprio per risolvere alcuni debiti Oscar sposa  Costance Lloyd, una donna bellissima e colta (capace di leggere Dante in italiano) e nasce un connubio perfetto di mente e di corpo: entrambi molto belli e curati e lui più incisivo(in ambito domestico) di lei. Sperperando continuamente il denaro che la famiglia di lei aveva concesso tramite la rendita e seguito costantemente da lei che venerava il marito e gli permetteva ogni lusso e svago.

Oscar aveva già intrapreso una carriera letteraria da anni qua do conosce Robert Ross (di soli 17 anni) bello e ambizioso tanto quanto Oscar stesso; inizia una relazione ambigua che conduce ( a seguito di uno scandalo) ad una condanna per omosessaulità. Dalla Francia un gruppo di intellettuali preme sul governo britanniaco affinchè le condizioni di Oscar in carcere fossero più miti ( lo scrittore è costretto a 3 mesi di totale isolamento, prima di ricevere ed avere contatti). Viveva senza materasso, lavorava 6 ore al giorno ad un mulino a ruota e mangiava pochissimo. La vita nella prigione lo condusse alla scrittura di De Profundis. Oscar esce dal cercare e parte per Napoli. Nel frattempo il rapporto coniugale con Costance era ufficilamente terminato, lui desideroso di parlarle scroiveva per via traverse alla moglie chiedendo perdono ma la donna (troppo devastata dallo scandalo) fu irremovibile. 

Dopo Napoli fu la volta di Parigi. Morì a Parigi dopo un calvario fisico durato mesi. Nell'ultima fase della sua vita ripensò molto alla sua vita socialmente dissoluta ed ai suoi rapporti sessuali. Conla sua morte scompare uno dei personaggi più discussi ed ammirati della letteratura mondiale. 


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24 giugno 2013 1 24 /06 /giugno /2013 11:38

Charles Brockden Brown nasce in una famiglia quacchera di Philadelphia nel 1771. Rappresenta il primo esempio di scrittore americano, o meglio, fu la prima personalità che cercò di vivere di scrittura. Per questo motivo si scontrò con una realtà editoriale molto costringente considerando che in America in quel periodo nonm esisteva una vera e propria idea di nazione (vedi  Rinascimento Americano). 

La natura cagionevole dell'autore (egli sarà affetto da tubercolosi, ed a causa di questa malattia morirà) generano una forte attenzione verso il contemporaneo ed il sociale. Queste componenti diventano una sorta di leitmotiv prsenti in tutte le opere che connoteranno la vena angosciata e nostalgica dell'autore. La sensazione, confermata, delle difficoltà di esprimersi attarverso la scrittura, la mancanza di considerazione attribuita a questa professione ( che non era ancora considerata tale!) e la forte presenza di elementi sentimentali nelle opere pubblicate; costrinsero C.B.B. a condizionare la propria scrittura per cercare di trovare uno spazio in un mondo d'importazione. Abbiamo già accennato che l'America non riconosceva il valore dei propri artisti preferendo importare libelli e romanzi di fattura europea (tra i quali spiccavano le produzioni inglesi) che, poi, era state anche le fonti principali d'ispirazione per gli intellettuali americani successivi.

Charles Brockden Brown costruisce il proprio stile ispirandosi moltissimo a William Godwin (con il suo Caleb Williams del 1794, opera che mostra un forte riformismo sociale) piuttosto che dalla penna di Mary Wollstonecraft e la propria tradizione picaresca, ma anche attinse da Ann Radcliffe (pregna di psicologia, fisica medicina e loro varianti misteriose e magiche).

La fiction di Brown è un po' la lente che mostra la vita di un paese un po' allo sbaraglio, confusa e piena di eccessi post-rivoluzionari francesi. 

Nelle sue opere Wieland, or The Transformation (1798) si parla di ossessione religiosa vista come eredità sociale per poi passare a Arthur Mervyn e Ormond  (tutti e due del 1799) dove amore e morte si fondono nella febbre gialla che colpiva, rispettivamente Phialadelphia e New York, dove caos legato al morbo e intreggio sembrano entrambi simboli della natura umana. 

Morirà sempre a Philadelphia nel 1810 all'età di trentanove anni.

La figura di Brown è uno dei pilastri del saggio interpretativo del celebre Leslie Fiedler intitolato Love and Death in The American Novel del 1960; in esso Fiedler parla del terrore come modello educativo del popolo americano che educa, sin dall'infanzia il fanciullo americano a pensare che sbagliando sarà mangiato dall'uomo nero piuttosto che perseguitato dal demonio. Non bisogna dimenticare la forte presenza puritana nella forma mentis dell'americano medio, combattuto tra dovere e guadagno.


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21 giugno 2013 5 21 /06 /giugno /2013 16:24

Ethan Frome è un romanzo scritto dalla scrittrice statunitense  Edith Whatorn nel 1911.

Tratta la storia di Ethan Frome che lavora una terra che gli permette esclusivamente di vivere e di provvedere alle medicina di sua moglie Zenobia (Zeena). Si tratta di una narrazione monocromatica, dalle tinte del bianco e del grigio e già dal nome del luogo ( Starkfield, "Campo Desolato") si capisce bene il senso del romanzo.

La narrazione si apre con un viaggiatore sconosciuto che vuole incontrare Frome, tristemente famoso per la sua vicenda personale; Frome 24 anni prima rimane vittima di un incidente che gli fornirà l'appellativo di Smash-Up. Il viaggiatore, del quale per giunta non abbiamo notizie certe, va a Starkfield e inizia a chiedere ai vari compaesani la storia di Frome ottenendo ben poche risposte. Si ha da subito la sensazione che una strana surpestizione regoli il comportamento del villaggio e delle persone che lo abitano. Tutte tristi, tutte grigie. 

Allora il narratore decide di incontrare Frome di persona e si reca a casa sua. Whatorn gioca con la suspence e fa rimanere bloccato il viaggiatore nel paese; l'uomo assumerà proprio Frome per fargli da autista. Frome, che non vede novità da tempo e ha bisogno di denaro, accetta subito. 

Whatorn passa, a questo punto, attarverso un flash-back a raccontare la vita di Frome 24 anni prima. Racconta di un uomo che si era sposato da poco con l'infiermiera che aveva badato a sua madre molto malata e che, impulsivamente e per riconoscenza, aveva sposato. Zenobia, appunto. Un matrimonio, quindi, senza amore ma solo per senso del dovere innesca tutto ciò che ne segue.

Dopo poco arriva a casa Frome la cugina della moglie Mattie, figlia di uno zio della donna, che viene affidata ai Frome poiché il padre non riesce a darle una vita decorosa. La donna è di animo gentile, Frome perde la testa per lei. Sempre spinto dal senso del dovere più volte allontana l'idea del tradimento. Il vero problema è che Frome è un prodotto del dolore e della frustrazione; avrebbe voluto lasciare da tempo il paese ma per problemi di denaro non aveva coronato il suo sogno. A causa della malattia della moglie (spedita qualche giorno alle terme) Frome riesce a stare solo con Mattie e i due si dichiarano il loro amore e il desiderio di fuggire insieme. 

Nella narrazione il gatto di Zenobia sembra appositamente ricordare il peccato che stanno per commettere: salendo sul tavolo e facendo cadere un barattoli di sottaceti; il gatto di Zeena ricorda la presenza della padrona e smaschera gli innamorati.  La notte prendono la slitta diretti verso un colle poco lontano e Mattie, colpevole di essere l'amante, chiede di morire. In realtà Mattie propone un patto suicida a Ethan che accetta spinto dal desiderio di porre fine a questa vita triste e inutile. Solo con la morte i due sarebbero stati veramente liberi dal peccato. Liberi di amarsi.

Ethan accetta e lanciano la slitta giù per il colle. 

Non moriranno ma rimarrano gravemente invalidi.

Sarà proprio il narratore dell'inizio della narrazione che li vedrà, tutti e tre, a casa di Frome: Mattie è invalida e inacidita dalla sofferenza. Zeena, ora, si riscatta prendendosi cura di entrambi.

Edith Whatorn colpisce il cuore della condizione di dipendenza dell'uomo americano del diciottesimosecolo, apparentemente libero ma schiavo del giudizio e del sensodi colpa. Decide di mettere in atto una tragedia che si sarebbe potuta evitare se l'animo dei protagonisti fosse stato puro. Il rancore di Zenobia che sognava un matrimonio felice e benestante e vive povera e malata, la vita triste di Ethan che sopravvive in nome di rimpianti e Mattie, la sciocca vittima di una vita di stenti e di una colpa atavica, mostrano la visione della rivoluzionaria Edith Whatorn.


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21 giugno 2013 5 21 /06 /giugno /2013 00:01

Nell'atto comunicativo esistono due forme di linguaggio: quello verbale e il non verbale, detto anche linguaggio del corpo.Quando si parla di linguaggio non-verbale si deve dividere, immediatamente, tra prossemica (ovvero l'uso delle espressioni tipica dei muscoli facciali) e cinestetica (ovvero il movimento tipico del resto del copro e , tra questi, anche le posizioni specifiche). Bagaglio di una serie di emzioni che si libera e si incastra rispetto alla struttura sociale, la comunicazione non-verbale esprime ancora genuinamente quello che è parte della nostra natura "libera" di essere umano. Se, infatti, desideriamo qualcosa ma temiamo di ottenerla, magari per ulteriori problemi legati ad essa; ci aiuta la prossemica e la cinestetica. Il vero problema è, però, che l'uomo chiede e pretende (prima o poi!) che sia la "parola" il mezzo di comunicazione perché chiede, appunto, tale leggittimizzazione sociale. Aristotele definì l'uomo (molti secoli fa!) un'animale politico proprio penando alla necessità di interazione sociale e di struttura socio-culturale nella quale l'uomo stesso vive. Tutti gli esseri umani cercano quel senso di libertà più grande di ogni definizione (o meglio alcuni lo palesano ed altri lo inibiscono, volontariamente!) ma in fondo soltanto pochi hanno il coraggio di ribadire nella propria mente questo sentimento e di lottare per esso e contro di esso. Chiedersi un cambiamento, uno svincolamento dalla struttura sociale è estremamente difficile da ottenere, se non addirittura impossibile, e questo mancato traguardo generea, conseguentemente, una disillusione con la quale toccherà farci i conti.

Ecco in questo gioco di rimbalzi e di rimandi si collocano i differenti piani verbali. Considerando che ogni uomo o donna ha necessità di interagire con i propri simili, iniziano ad incastrarsi i livelli comunicativi. La parola potrebbe, ma anche no, seguire il linguaggio del corpo oppure differire da esso.

A quali dei due linguaggi credere? Beh, certamente il linguaggio verbale ha un suo valore "relativo" molto forte perché è frutto di una posizione  che si decide di assumere e che riflette un ruolo che, in quel momento, si è deciso di assumere. Facciamo un esempio molto banale: ci si trova di fronte la propria compagna o compagno, l'altra persona ci ha detto che non ci ama e che ci vuiole lasciare; bene, la parola (o meglio la comunicazione verbale) è chiarissima ma il corpo non è in posizione di chiusura, gli occhi sembrano dirci altro ecc. qual'è la verità? Sicuramente entrambe sono vere e false insieme. L'oggetto del nostro amore potrebbe non amarci "abbastanza" o non essere "pronto" o noi, ai suoi occhi, non lo siamo. Fidarsi della prossemica o della cinestetica può essere considerata solo come una guida per noi, per una nostra analisi ma non per cercare di ottenere qualcosa di diverso; perché alla lunga, come ho scritto prima, sarà la conferma verbale che cercheremo e l'unica che sembrerà sollevarci dalle nostre paure.

Si tratta di un esempio molto banale ma è il meccanismo studiato in sede d'interrogatorio magari in situazioni molto delicate ecc.

Approfondire in modo più tecnico, più linguistico, la materia darà modo di spiegare De Saussure oppure Barthes; grandi linguisti del secolo scorso che hanno stabilito le regole (o meglio le hanno individuate!) della nostra maniera di comunicare.


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19 giugno 2013 3 19 /06 /giugno /2013 18:16

Edith Whatorn nasce nel 1862 e muore nel 1937, si tratta di un esempio concreto di scrittrice nata nel momento di grande cambiamento intellettuale del diciottesimo secolo americano ( Rinascimento Americano I ).

Molto amica di Henry James al quale propose di accettare una colletta che la stessa aveva concepito attingendo fondi nella cerchia di intellettuali e artisti che stimavano il Maestro. Seppur, colletta, che non andò mai in porto per volontà del beneficiario.

Whatorn scrive della vita quotidiana ma lo fa non privandosi mai di quella vena di tristezza tipica del periodo di repressione che viveva; chiaramente contraria ai ruoli tipici imposti dalla società americana del tempo, vi i oppone con eleganza e non priva di ricercatezza. Gli studi di Freu sulla psicoanalisi, ormai, non erano più sconosciuti e, anzi, la Whatorn scriverà Ethan Frome (1911).

La Whatorn cresce in un ambiente comodo e protettivo, forse anche troppo. Ricca di nascita e newyorkese sviluppa sin dall’inizio una vena molto critica nei confronti di quella cultura che proteggeva fin alla costrizione la figura femminile. Proprio come James, Edith crescerà con il mito dell’Europa. Si trasferisce in Francia dove stringe fortissimi legami con André Gide e Jean Cousteau e nelle sue opere non mancherà certo quel tocco  internazionale.

Tra le sue opere più famose abbiamo The Deoration of Houses del 1897, per poi passare a The Greater Italian Backgrounds del 1905. Solo nel 1905, con The House of Myrth, si esprime meglio ciò che vuole affermare la Whatorn, proponendo un’eroina (Lily Bart), una giovane donna che è resa incapace di seguire i suoi desideri e le sue attitudini. Subito dopo si passa al periodo gotico con il tema ricorrente del “doppio” appunto con Ethan Frome.

Riceverà il Premio Pulitzer con il romanzo The Age of Innocence che ricalca ancora il tema del sesso come limite sociale e che afferma una continua attenzione sul sesso come motore di azioni in contrasto con il successo e l’attrazione per il denaro.  Questo capolavoro non nasconde, però, un certo ammorbidirsi della scrittrice che, pur maturando nell’esposizione, perde quel sarcasmo e cinismo dei primi romanzi. Muore in Francia. 

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17 giugno 2013 1 17 /06 /giugno /2013 23:34

The Turn of the Screw è un’opera dello scrittore americano Henry James . Fu realizzata nel 1898. Tradotta con il titolo italiano Il giro di vite.

L’autore scegli, già nel titolo, l’orientamento dell’opera che tratta l’angosciante e il terrifico attraverso lo sguardo di una giovane istitutrice chiamata per badare a due fanciulli dall’apparenza angelica. La location è l’Essex e la donna vi si reca carica di aspettative e di buona volontà. Il romanzo si apre con un narratore onniscente che introduce la storia nel modo più terrificante possibile: un gruppo di ospiti in una casa che, immersi nel buio, si narrano racconti di paura. Douglas è il narratore "zero" e inizia questa storia vera.

Arrivata incontra il padrone che la colpisce così tanto da giurargli di mantenere tutte le sue richieste tra le quali c’è quella di non essere per alcun motivo disturbato. Nonostante tutto.

La donna acconsente e prende in carica l’educazione prima di Flora (la piccola) e, dopo esser stato cacciato dalla scuola in cui studia, anche del piccolo Miles. Entrambi sembrano immediatamente dei fanciulli perfetti e la donna inizia subito a chiedersi come mai una serie di istitutrici siano state cambiate in quella casa.

Infatti nulla è come sembra e ben presto la donna inizia a vedere figure strane aggirarsi intorno la dimora. Si tratterebbe dell’ex istitutrice (Miss Jessel) e di un domestico (Peter Quint). Entrambi morti.

La situazione si complica ulteriormente quando la donna capisce che i bambini sanno della presenza di questi due spettri e che li riescono a vedere. Per giunta Miles e Flora sembrano anche aver paura di loro e cadono spesso in pianti al cospetto della donna.

Allora decide di rompere il patto con lo zio dei fanciulli e di contattare il padrone di casa che risponde con sufficienza di non essere interessato alla cosa e che lei deve sbrigarsela da sola. La donna, sempre più soggiogata dall’idea che ha di quell’uomo, crede sia un motivo di stima e si impegna maggiormente per proteggere i ragazzi.

Proprio nel tentativo di risolvere il mistero i due fanciulli vengono allontanati; a consigliarlo la governante (Miss Grose); anziana vecchina abbastanza sciocca all’apparenza.

Le visioni in tutta la narrazione saranno due: una in cui la donna vede una sagoma sul tetto immobile ed un’altra in cui capisce che i ragazzi sono parte del mistero nella quale vede Miss Jessel accanto a Flora.

La donna decide di parlare con il ragazzo e mentre Miles sembra volersi aprire con le vede l’ex governante e si spaventa, la donna lo protegge stringendolo a sé e scopre che non gli batte il cuore.

Ora inizia il mistero del lettore che non è soltanto determinato dalla trama bensì dalla fine che apre a mille opzioni, tutte valide.

Il racconto, studiato con maniacale puntualità jamesoniana mostra la grandezza dell’autore che sceglie col titolo la prima chiave di interpretazione: dopotutto si tratta di una vite che entra arrotandosi su se stessa e più gira più si insinua. Molto diverso rispetto ai titoli del periodo tutti concentrati sul nome dell’eroina o molto lunghi (Alice nel paese delle meraviglie, Il giro del mondo in ottanta giorni ecc.). La trama mostra una dualità, la stessa dualità che caratterizzò James per tutta la sua vita (divisa tra America e Europa, al punto di confondersi in essa); i fantasmi statici e i fanciulli estremamente dinamici, gli stessi biondi ed eterei (chiara allusione al concetto americano di purezza di matrice puritana).

Il padrone, il famoso zio? Beh, sembra sia il meccanismo che ha causato tutto il dolore e sembra un dio crudele che resta a guardare cosa ha generato.

Esemplare di quella produzione americana del Rinascimento Americano  anche se dai tratti marcatamente europea.

 

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